Il Governo italiano ha partorito una sequela infinita di DD.P.C.M., DD.L. e linee guida, confondendosi e contraddicendosi spesso, in una convulsa rincorsa a scopi e finalità che non hanno raggiunto il traguardo perché ha lasciato del tutto imprecisata l’esegesi normativa di tutto quanto ha deciso e scritto.
Questa disamina è applicata ai sanitari, ma per taluni aspetti è possibile trarne punti applicativi anche per le persone comuni, laddove la spiegazione riguarda i cittadini in genere e non particolari tipologie professionali.
Il certificato di differimento e di esonero vaccinale
Il D.L. 1° aprile 2021 n. 44, misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19 in materia di vaccinazioni, conv. in L. n. 76/21, all’art. 4, che qui ci interessa, stabilisce che l’esercizio della professione sanitaria è requisito essenziale per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati.
Ciò vuol dire che per svolgere l’attività di infermiere si prescinde dal rischio diffusivo perché la vaccinazione è requisito immanente della professione.
Il comma 2 prevede che il medico di medicina generale possa esonerare o differire la vaccinazione, ma solo per specifiche condizioni cliniche documentate che pongano in “accertato” pericolo la salute dell’interessato.
Le suesposte condizioni di pericolo devono essere accertate in concreto, cioè per mezzo di evidenze scientifiche accreditate e non meramente ipotizzate.
Il comma 3 isola il punto cardine dell’intera disamina: il periodo in cui la vaccinazione è omessa o differita non deve superare il 31 dicembre 2021.
Questa previsione è, naturalmente, una assurdità perché il legislatore pone sullo stesso piano il differito dall’esonerato.
In verità, il differito è un soggetto solo temporaneamente non vaccinabile che deve verificare l’esistenza delle condizioni di esonero, oppure è un soggetto sottoposto a determinate condizioni di salute o di particolari terapie che, in quel periodo, rendono incompatibile la vaccinazione, ma che dovrebbero mutare, una volta risolte, nell’inesorabile condizione di vaccinabilità.
Invece, l’esonerato è un soggetto che ha conclamato una patologia seria che è e rimarrà per sempre condizione incompatibile con la vaccinazione.
Per esempio, le allergie ai componenti vaccinali non scompaiono nel tempo, anzi peggiorano.
Quindi, non si capisce per quale motivo il legislatore abbia fissato una scadenza al valore di scienza, cioè alla condizione patologica conclamata e immutabile che renderà per sempre incompatibile la vaccinazione, a meno che non voglia rendere affannoso e gravoso lo stato di non vaccinato, come se fosse un peccato mortale non potersi vaccinare e, quindi, sia legittimo molestare il soggetto, impegnandolo nella ricerca frenetica e ansiosa di una certificazione che merita, ma che lo esanima e lo costringe, poi, a subire la vaccinazione.
Questo punto appena esaminato deve essere compreso chiaramente perché spiega le ragioni per cui un vero e proprio certificato di esonero sine die non esiste e perché l’esonero vaccinale si concretizza, pragmaticamente, con il green pass, confondendo i due diversi istituti.
L’infermiere esonerato o differito che, in effetti non subisce il vaccino, deve essere adibito a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in locali di lavoro privi di rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.
Comunque, anche il lavoratore che non intende vaccinarsi viene adibito a mansioni, anche inferiori, diverse da quelle che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2, ma la differenza sta che l’esonerato e il differito continueranno a percepire la retribuzione originaria di infermiere, mentre il free vax dovrà essere retribuito conformemente alla qualifica rivestita (anche in categoria B), ma solo se sarà possibile il repêchage, diversamente si provvederà alla sua sospensione fino al 31 dicembre 2021 senza retribuzione.
La legge non ha previsto la regolamentazione ministeriale per la certificazione di esonero vaccinale.
Il Presidente Draghi ha lasciato che la certificazione di esonero fosse redatta liberamente dal medico di base, anche considerando che è il medico più a contatto con l’interessato e lo conosce meglio (a meno che il soggetto non si rivolga, per determinate patologie, allo specialista divenendo questi il vero medico di fiducia).
Però la norma include due elementi essenziali che ne definiscono il contenuto e che non possono mancare nella certificazione:
specifiche condizioni cliniche documentate, cioè referti e dichiarazioni di scienza oggettivi sullo stato di salute dell’interessato e non mere dichiarazioni dello stesso (non si può scrivere: il Sig. Di Fresco riferisce che …);
le condizioni cliniche devono essere tali da porre in accertato pericolo la salute dell’interessato. Le patologie devono essere idonee a provocare, con probabile certezza o con elevata probabilità statistica, danni fisici impegnativi e non transeunti.
Vista l’anarchia che regna sulla redazione del certificato di esonero, la Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie ha pubblicato un vademecum sulla questione, consigliando quanto segue: le certificazioni potranno essere rilasciate direttamente da Medici vaccinatori dei Servizi vaccinali delle Aziende ed Enti dei Servizi Sanitari Regionali e dai Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta che abbiano aderito alla campagna vaccinale, cioè che abbiano le credenziali per inserire i dati nei sistemi Regionali/Nazionali.
Questa ipotesi, comunque, non convince lo scrivente perché i Ministero della salute ha concesso la stesura dei certificati di esonero anche in formato cartaceo e non solo tematicamente.
Quindi, la platea dei medici certificatori può comprendere, visto che la Società di medicina generale lo ha fatto includendo anche i medici vaccinatori oltre a quella di base esclusivamente previsti dalla legge, qualsiasi medico del SSN che abbia ricevuto il possesso e l’uso delle ricette del SSR, ed è idoneo alla suddetta certificazione, ex art. 2700 C.C. e ss., alla quale potrà apporre il proprio timbro del SSN, come per esempio un medico ospedaliero o universitario in assegnazione nosocomiale, in quanto è pubblico ufficiale nell’atto certificativo e autoritativo, esattamente come previsto dall’art. 357 C.P..
L’individuazione univoca (la sola prevista dalla legge) del medico di medicina generale non deve essere intesa come una soluzione certificativa esclusiva, ma come diretta identificazione con un pubblico ufficiale.
Un medico ospedaliero, munito di potere certificativo e di ricettario e timbro con codice regionale, compiutamente informato delle condizioni di salute di un paziente perché, per ragioni di specialità patologiche, è attualmente il medico di fiducia per quelle determinate patologie, è idoneo a rendere le suddette certificazioni di esonero; nulla quaestio sull’applicazione analogica tenendosi sulla ratio legis.
Infatti, la stessa Società di medicina generale scrive: “Nel caso in cui la richiesta provenisse direttamente dall’assistito in assenza di idonea documentazione, lo stesso dovrà essere inviato a valutazione e decisione da parte dello specialista idoneo”.
Tra le condizioni di differimento, la Società elenca le seguenti:
paziente di recente affetto da infezione asintomatica o malattia accertata da SARS-CoV-2 laddove non siano trascorsi almeno tre mesi dal primo tampone positivo e paziente con malattia di COVID-19 recente che abbia ricevuto terapia con anticorpi monoclonali laddove non siano trascorsi almeno tre mesi dal trattamento; questi riceveranno un green pass valido per 6 mesi.
Soggetto in quarantena per contatto stretto fino al termine del periodo di isolamento e soggetto con sintomi sospetti di COVID-19 fino al risultato del tampone; questi saranno vaccinato alla fine della quarantena o all’esito negativo del tampone.
Paziente con malattia acuta severa non differibile (es – evento cardiovascolare acuto, epatite acuta, nefrite acuta, stato settico o grave infezione di qualunque organo/tessuto, condizione chirurgica maggiore, …); questo daranno vaccinati al termine del percorso diagnostico e terapeutico.
Inoltre, l’esonero è certificato nel caso di allergia verso i componenti vaccinali e precisamente:
il polietilene-glicole-2000 PEG contenuto nel vaccino Comirnaty- (Pfizer-Biontech);
il metossipolietilene-glicole-2000 (PEG2000 DMG) (I PEG sono un gruppo di allergeni noti che comunemente si trovano in farmaci, prodotti per la casa e cosmetici);
la trometamina (componente di mezzi di contrasto radiografico e di alcuni farmaci somministrabili per via orale e parenterale) contenuta nel vaccino Spikevax (Moderna);
il polisorbato contenuto nei vaccini COVID-19 a vettore virale Vaxzevria (AstraZeneca) e Janssen (Johnson&Johnson). lI polisorbato 80 è una sostanza ampiamente utilizzata nel settore farmaceutico e alimentare ed è presente in molti farmaci inclusi vaccini e preparazioni di anticorpi monoclonali;
PEG e polisorbato sono strutturalmente correlati e può verificarsi ipersensibilità cross-reattiva tra questi composti;
soggetti che hanno manifestato sindrome trombotica associata a trombocitopenia in seguito alla vaccinazione con Vaxzevria;
soggetti che in precedenza hanno manifestato episodi di sindrome da perdita capillare con Vaxzevria o Janssen.
La Società scrive che la vaccinazione anti COVID-19 non è controindicata in gravidanza.
Recentemente, però, sono state aperte diverse inchieste e sono state diffuse teorie scientifiche su gravi effetti collaterali sulle donne gravide e anche teratogenici del vaccino.
Infatti, la Società precisa che: “qualora, dopo valutazione medica, si decida di rimandare la vaccinazione, alla donna in gravidanza potrà essere rilasciato un certificato di esenzione temporanea alla vaccinazione”.
La Società, nel capitolo “Precauzioni” scrive: “Una precauzione è una condizione nel ricevente che può aumentare il rischio di gravi reazioni avverse o che può compromettere la capacità del vaccino di indurre un’adeguata risposta immunitaria. In generale, quando è presente una precauzione può essere necessario approfondire il singolo caso valutando il rapporto beneficio/rischio. La maggior parte delle persone che al momento della seduta vaccinale abbia una precauzione alla vaccinazione anti COVID-19 può essere vaccinata ma in alcuni casi deve essere presa in considerazione la consultazione con il medico curante o con uno specialista per determinare se la persona può ricevere la vaccinazione in sicurezza”.
Allora lo specialista può certificare l’esonero!
Scrive la Società: “Esempi: Casi molto rari di miocardite e pericardite sono stati osservati dopo somministrazione di vaccini a mRNA. La decisione di somministrare la seconda dose in persone che hanno sviluppato una miocardite/pericardite dopo la prima deve tenere conto delle condizioni cliniche dell'individuo e deve essere presa dopo consulenza cardiologica e un’attenta valutazione del rischio/beneficio. Laddove si sia deciso di non procedere con la seconda dose di vaccino anti COVID-19 a mRNA, può essere considerato l’utilizzo di un vaccino di tipo diverso per completare l’immunizzazione. La reazione allergica immediata ad altro vaccino o farmaco è considerata una precauzione ma non una controindicazione in questo caso la valutazione del rischio è condotta per tipo e gravità della reazione e l’attendibilità delle informazioni tenendo in considerazione la consultazione con il medico curante o con uno specialista per determinare se la persona può ricevere la vaccinazione in sicurezza”.
La Società medica consiglia la vaccinazione anche alle persone con una storia di gravi reazioni allergiche non correlate a vaccini o farmaci iniettabili, come allergie al cibo, agli animali domestici, al veleno di insetti, all’ambiente o al lattice, così come coloro con storia di allergie ai farmaci orali o di storia familiare di gravi reazioni allergiche, o che potrebbero avere un’allergia più lieve ai vaccini.
Quindi, la Società medica ha preparato un fac-simile di un certificato di esonero. come segue:
FAC-SIMILE DI CERTIFICAZIONE DI ESENZIONE DI VACCINAZIONE ANTI COVID-19
Si certifica che il sig. ________, nato il ________ è esentato alla vaccinazione anti SARS-CoV-2.
Certificazione valida per consentire l’accesso ai servizi e attività di cui al comma 1, art. 3 del DECRETO-LEGGE 23 luglio 2021, n 105, fino al (gg/mm/aa) e non oltre il 30 settembre 2021
Luogo e data del rilascio: ________
Dr. (Timbro e Firma e codice regionale ASL) + (numero di iscrizione all’ordine o codice fiscale)
Servizio Vaccinale (se pertinente): ________
Regione: ________
Come vedete non si tratta di un certificato di esonero tout court, ma di un green pass, proprio perché il legislatore, come spiegavo prima e come approfondirò appresso, ha correlato l’esonero non al NON OBBLIGO vaccinale, ma all’accesso ai servizi come se l’esonerato fosse vaccinato.
Quindi, il certificato di esonero vaccinale è un green pass che contiene, implicitamente, la non obbligatorietà alla vaccinazione.
Non vanno, quindi, formati due certificati, di esonero e di green pass, anche perché sarebbe pleonastico, ma un unico certificato che faccia comprendere l’esonero dalla vaccinazione e il diritto di muoversi liberamente.
Sul punto, il Ministero della Salute, con prot. 0035309-04/08/2021-DGPRE-DGPRE-P e ad oggetto le certificazioni di esenzione alla vaccinazione anti-COVID-19, ha così stabilito:
“Le disposizioni della presente circolare si applicano esclusivamente al fine di consentire l’accesso ai servizi e attività di cui al comma 1, art. 3 del DECRETO-LEGGE 23 luglio 2021, n 105, ai soggetti che per condizione medica non possono ricevere o completare la vaccinazione per ottenere una certificazione verde COVID-19”.
Ergo, l’esonero vaccinale non serve solo ad impedire la vaccinazione, ma a muoversi liberamente.
Il green pass, così certificato, consente di evitare la vaccinazione e spostarsi senza limiti.
Nelle more dell’adozione delle disposizioni di cui al predetto decreto, le certificazioni di esenzione alla vaccinazione anti-SARS-CoV-2 potranno essere rilasciate in formato cartaceo e potranno avere una validità massima fino al 30 settembre 2021, salvo ulteriori disposizioni (che ci sono state).
ATTENZIONE: “Temporaneamente e fino al 30 settembre 2021, salvo ulteriori disposizioni, sul territorio nazionale sono validi i certificati di esclusione vaccinale già emessi dai Servizi Sanitari Regionali … Fino al 30 settembre 2021, salvo ulteriori disposizioni, le certificazioni potranno essere rilasciate direttamente dai medici vaccinatori dei Servizi vaccinali delle Aziende ed Enti dei Servizi Sanitari Regionali o dai Medici di Medicina Generale o Pediatri di Libera Scelta dell’assistito che operano nell’ambito della campagna di vaccinazione anti-SARS-CoV-2 nazionale”.
Quindi anche il medico ospedaliero, munito di timbro SSN, potrà validamente certificare purché la carta intestata sia dell’azienda o dell’ente ospedaliero pubblico e non privato.
Anche il Ministero della Salute ha previsto un fac-simile di rilascio delle Certificazioni di esenzione alla vaccinazione anti-SARS-CoV-2, come segue:
La certificazione deve essere rilasciata a titolo gratuito, avendo cura di archiviare la documentazione clinica relativa, anche digitalmente (e non solo, quindi è ammessa la certificazione cartacea) attraverso i servizi informativi vaccinali regionali con modalità definite dalle singole Regioni/PA, anche per il monitoraggio delle stesse.
Le certificazioni dovranno contenere:
i dati identificativi del soggetto interessato (nome, cognome, data di nascita);
la dicitura: “soggetto esente alla vaccinazione anti SARS-CoV-2. Certificazione valida per consentire l’accesso ai servizi e attività di cui al comma 1, art. 3 del DECRETO-LEGGE 23 luglio 2021, n 105;
la data di fine di validità della certificazione, utilizzando la seguente dicitura “certificazione valida fino al _________” (indicare la data, al massimo fino al 30 settembre 2021);
Dati relativi al Servizio vaccinale della Aziende ed Enti del Servizio Sanitario Regionale in cui opera come vaccinatore COVID-19 (denominazione del Servizio – Regione);
Timbro e firma del medico certificatore (anche digitale);
Numero di iscrizione all’ordine o codice fiscale del medico certificatore.
I certificati non possono contenere altri dati sensibili del soggetto interessato (es. motivazione clinica della esenzione).
NON VA RIPORTATA LA DIAGNOSI CHE RIMANE COPERTA DAL SEGRETO PROFESSIONALE TRA INTERESSATO E MEDICO CERTIFICATORE.
Il Ministero specifica che in generale una vaccinazione non deve essere somministrata quando è presente una controindicazione perché il rischio delle reazioni avverse è maggiore dei vantaggi indotti dalla vaccinazione.
Tale valutazione deve essere riferita allo specifico tipo di vaccino che si intende somministrare.
La presenza di una controindicazione a quello specifico vaccino non esclude la possibilità che possano essere somministrati altri vaccini disponibili.
Si può omettere la vaccinazione anche per motivi precauzionali.
Una precauzione è una condizione nel ricevente che può aumentare il rischio di gravi reazioni avverse o che può compromettere la capacità del vaccino di indurre un’adeguata risposta immunitaria.
In generale, quando è presente una precauzione può essere necessario approfondire il singolo caso valutando il rapporto beneficio/rischio.
La maggior parte delle persone che al momento della seduta vaccinale abbia una precauzione alla vaccinazione COVID-19 può essere vaccinata ma in alcuni casi deve essere presa in considerazione la consultazione con il medico curante o con uno specialista per determinare se la persona può ricevere la vaccinazione in sicurezza.
Con Circolare 0043366-25/09/2021-DGPRE-DGPRE-P, il Ministero della salute ha prorogato la validità dei certificati di esonero al 30 novembre 2021.
Non è necessario un nuovo rilascio delle certificazioni già emesse; quella vecchia vale, per diritto, fino al 30 novembre 2021.
Il certificato verde Covid-19 (green pass)
Ho già esaminato parte della materia che riguarda il green pass, ma devo precisare alcune questioni normative.
La certificazione verde è stata introdotta dall’UE con diverse risoluzioni prodromiche, ma è il Regolamento UE 953 del 14 giugno 2021 che lo disciplina compiutamente, stabilendo, sommariamente, quanto segue:
punto 7 – non discriminare chi ha il tampone negativo rispetto al vaccinato perché il primo non infetta, ma il secondo invece potrebbe;
punto 7, 33, 42, 44, 55 – il green pass può essere rilasciato anche con autoisolamento e quarantena;
punto 36 – non discriminare il non vaccinato;
punto 37, 38, 41 – i test rapidi sono validati;
punto 43 – certificato verde si deve rilasciare dopo 11 giorni dalla guarigione ed è valido 180 giorni;
punto 46 – tutti gli Stati si devono adeguare al regolamento.
Il D.L. 21 settembre 2021, n. 127, intitolato Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l'estensione dell'ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening, ha dettato alcune norme importanti sul green pass, non direttamente, ma mediante novellazioni del D.L. 22 aprile 2021 n. 52.
È creato dal D.L. n. 127, l’art. 9-quinquies al D.L. n. 52/21 che prevede, al personale delle amministrazioni pubbliche, di accedere ai luoghi di lavoro per svolge attività lavorativa, di esibire la certificazione verde.
Qui già si evidenzia il primo paradosso: se un infermiere, per esempio, entra in ospedale per lavorare, deve esibire il green pass, ma se entra come paziente, non lo deve esibire e nessuno glielo può chiedere.
Quindi, come lavoratore non deve infettare, come paziente può infettare.
Un infermiere che risulta positivo al tampone, non può presentarsi al lavoro, ma può recarsi in ospedale come utente!
I controlli possono avvenire o all’ingresso o a campione e l’onere grava sul datore di lavoro inteso nella delega rilasciata, per iscritto, ai dirigenti apicali.
Il personale deve comunicare previamente all’amministrazione di appartenenza (anche al dirigente) di non avere intenzione di acquisire o di non possedere la certificazione verde COVID-19.
La comunicazione preventiva è richiesta al fine di permettere al datore di organizzare gli uffici considerando l’assenza del lavoratore.
Comunque, chi si dovesse presentare senza green al lavoro, deve essere allontanato senza retribuzione giornaliera e, la quinta volta, sospeso senza retribuzione, ma con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, senza retribuzione e senza conseguenze disciplinari.
Diverso è se viene colto, a campione, senza green pass, perché in questo caso la condotta viene considerata in frode allo Stato (cioè in dolo di una norma) e, quindi, sanzionata sia disciplinarmente che con sanzione amministrativa da 600 a 1500 euro, irrogata dal Prefetto che l’amministrazione datoriale informerà per tramite di un verbale, come allegato in calce all’articolo.
Le stesse regole valgono in ambito privato.
Naturalmente, l’intera normativa scadrà il 31 dicembre 2021.
Il D.L. 23 luglio 2021 n. 105, invece, riguarda le attività sociali ed economiche che qui non ci interessano.
La Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie ha pubblicato un vademecum anche per il green pass.
Se il soggetto riceverà un test negativo al tampone, ora anche salivare, potrà ricevere un green della durata di 48 ore (la Lega sta insistendo per prolungarlo a 72 ore; in Spagna il tampone ha una scadenza di 7 giorni).
Inoltre, il green verrà rilasciato a chi è guarito da COVID-19, dall’11° giorno con validità per 180 giorni.
Per la prima dose dei vaccini che ne richiedono due, la certificazione verde sarà generata dal 12° giorno dopo la somministrazione e avrà validità a partire dal 15° giorno fino alla dose successiva (i dati che hanno generato la certificazione, provenienti dal Sistema TS, vengono cancellati, alla scadenza della stessa, dal Sistema TS).
Nei casi di seconda dose o dose unica per pregressa infezione, la certificazione sarà generata entro un paio di giorni e avrà validità per un anno dalla data di somministrazione; nei casi di vaccino monodose, la certificazione sarà generata dal 15° giorno dopo la somministrazione e avrà validità per un anno.
Il presente vademecum è stato redatto alla luce delle attuali conoscenze in materia, tenendo conto dei documenti rilasciati dalle Autorità Sanitarie nazionali al 14 agosto e sarà aggiornato alla luce delle nuove evidenze che dovessero emergere nel campo.
Il DPCM 17 giugno 2021, in ossequio a quanto previsto dall’art. 9, co. 10 del D.L. n. 127/21, detta le linee guida sul green pass e anche se è già stato modificato, le modifiche non interessano la materia che qui sto trattando.
Il green pass dovrà essere generato da un sistema telematico.
La generazione delle certificazioni avviene in corrispondenza dei seguenti eventi:
la somministrazione del vaccino contro il virus SARS-CoV-2;
l’effettuazione di test antigenico rapido o molecolare al virus SARS-CoV-2 con esito negativo;
l’avvenuta guarigione da COVID-19 attestata da una struttura sanitaria afferente ai Servizi sanitari regionali, da un medico di medicina generale, da un pediatra di libera scelta e da un medico dei servizi marittimi, portuali e aeroportuali.
Per “medico di medicina generale” si intende quanto sopra già dedotto per i medici ospedalieri.
Viene attivato il numero di pubblica utilità (n. 1500) e il call center di Immuni (n. 800912491), che forniscono apposita assistenza tecnica per l’acquisizione delle certificazioni verdi COVID-19.
Alla verifica del green pass sono deputati:
i pubblici ufficiali nell’esercizio delle relative funzioni (polizia, dirigenti, medici di giardia);
il personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi;
i soggetti titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi nonché i loro delegati;
il proprietario o il legittimo detentore di luoghi o locali presso i quali si svolgono eventi e attività;
i vettori aerei, marittimi e terrestri, nonché i loro delegati;
i gestori delle strutture che erogano prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali;
I delegati devono possedere la delega formale ed esibirla su richiesta del controllato che, a sua volta, non potrà rifiutarsi di esibire un proprio documento di identità.
Il dipartimento della salute del Ministero della salute ha pubblicato delle linee guida.
La Linea guida del Dipartimento della Funzione Pubblica ha aggiunto che, come previsto dall’articolo 3 del D.L. n. 139/21, in caso di richiesta da parte del datore di lavoro derivante da specifiche esigenze organizzative (ad esempio attività che necessitano di pianificazione e programmazione, anche di turni), i lavoratori sono tenuti a rendere le comunicazioni sul green pass con un preavviso necessario a soddisfare le esigenze organizzative e a garantire un’efficace programmazione del lavoro.
Questa ipotesi non fa comunque venire meno l’obbligo di effettuare i controlli all’accesso o quelli a campione, dal momento che il possesso del green pass non è, a legislazione vigente, oggetto di autocertificazione.
Per datore di lavoro adibito al controllo del green pass, si deve intendere il dirigente apicale a cui è fatta salva la facoltà di delegare, per iscritto, personale specifico, preferibilmente con qualifica dirigenziale.
Ciascuna amministrazione è autonoma nell’organizzare i controlli; è auspicabile, tuttavia, che siano rispettate le norme sulla privacy.
Il controllo a campione, effettuato a rotazione sul personale, deve coinvolgere almeno il 20% di tutto l’organico presente e deve essere concentrato, prevalentemente, la mattina.
In molte aziende sanitarie, il direttore generale ha delegato al controllo, oltre i dirigenti e il personale di vigilanza privato, anche i coordinatori e le posizioni organizzative.
La delega per effettuare i controlli non può essere ceduta e non si può delegare a sua volta senza autorizzazione della direzione generale.
Conclusioni
Non pare assolutamente giustificato un simile sistema di polizia e di controllo alla Gestapo sulla base di un’apodittica quanto non dimostrata necessità ed efficacia di limitare la diffusione del virus.
Anzi, sono proprio i possessori del green pass della validità più lunga, cioè i vaccinati, ad essere potenzialmente untori e diffusori del virus, perché la carta verde non distrugge il virus, e non lo fa neppure il vaccino.
Il Comitato Tecnico Scientifico del Ministero della Salute, con CTS 0010154-15/03/2021-DGPRE-DGPRE-P ha precisato che il vaccinato deve essere considerato alla stregua di un non vaccinato e che il vaccinato continua a diffondere il virus.
Quindi, se in un ambiente lavorativo è permessa l’entrata di un non vaccinato con tampone negativo che non potrà mai infettare e un vaccinato senza tampone, ma che ha già un green pass della durata di un anno, cioè di 365 giorni nei quali può contrarre l’infezione da SARS-CoV-2 e trasmetterla a tutti, come è avvenuto in molti ospedali italiani e avverrà ancora, com’è possibile che il green pass si prefigge lo scopo di limitare e prevenire la diffusione del virus nel posto di lavoro?
E’ evidente che il pericolo diffusivo lo potrebbe generare il green pass annuale cioè il vaccinato e non chi ha il tampone negativo.
Anche chi è guarito da COVID-19 ed ha un green valido per 180 giorni può, di nuovo, reinfettarsi e reinfettare tutti i colleghi, inclusi i pazienti.
Quindi, è necessario sottoporre a tampone ogni 48 ore anche i vaccinati e i guariti da Covid-19 perché in assenza di un tampone negativo attualizzato, questi costituirebbero senz’altro un serio pericolo per la salute pubblica che è il vero oggetto costituzionale della tutela derogatoria del co. 2 dell’art. 32 Cost..
Diversamente si comprimerebbe il valore costituzionale dell’autodeterminazione nella scelta del trattamento terapeutico esclusivamente a fini propagandistici ovvero solo per costringere la popolazione alla vaccinazione.
Ma la vaccinazione non è oggetto della deroga costituzionale, lo è la salute pubblica.
Il potere dello Stato che deroga alla libertà di scelta di natura costituzionale, non dovrebbe fondarsi sulla ratio propagandistica, ma della salute pubblica; pertanto, il green pass, così come è stato ideato, si palesa incostituzionale.
Dobbiamo vedere l’obbligo vaccinale e il green pass come un T.S.O., ma con la differenza che mentre l’obbligato viene sottoposto a cure, in questo caso l’obbligato è sottoposto a molestie per indurlo “liberamente” alle cure.
Il T.S.O. vaccinale ha una funzione indiretta cioè mobbizzante che raggiunge lo scopo solo quando il soggetto resistente cede e si arrende alle molestie.
Questa finalità non è legittima perché usa la forza direttamente sulla volontà dell’obbligato, come avviene nel T.S.O., ma lo minaccia e lo ricatta mettendolo in condizione di subire danni patrimoniali (retribuzione), non patrimoniali (esistenziali e morali) e danni alla dignità personale e professionale, al fine di costringerlo ad una determinata condotta.
La sofferenza indotta dalle norme pro vaccinali sulla libera volontà del soggetto non è costituzionale: o si usa la forza come in un comune T.S.O. o si concede la libertà di scelta; non si molesta e tortura un cittadino perché ceda la sua volontà a quella del ricattatore dichiarando di accettare, falsamente, la vaccinazione.
Il ricattato non si concilia con la vaccinazione, questo è quello che risulta sulle carte del finto consenso informato.
Il ricattato è costretto a firmare il consenso ma non lo fa liberamente, lo fa soffrendo nell’animo e nel corpo sapendo che è tutta una farsa e prega che il vaccino non gli rovini la vita.
Dal punto di vista giuridico non ci sono gli elementi a supporto costituzionale per sostenere l’uso del green pass, così come il governo ce lo propina.
Purtroppo, questo ragionamento non è mai stato né compreso né applicato da tutti gli avvocati che hanno ricorso contro l’obbligo vaccinale.
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