Le aziende e i sindacati collusi non vogliono capire che gli straordinari devono essere pagati e non recuperati.
Un’associata A.A.D.I. di Bergamo si è rivolta al direttivo dell’A.A.D.I. che, studiata la questio iuris, ha preparato il ricorso per decreto ingiuntivo (compito dei praticanti avvocati dell’A.A.D.I.) che l’avvocato patrocinatore ha sottoscritto de plano, essendo stato preparato un capolavoro inconfutabile, tanto che il magistrato si è pronunciato in appena 16 giorni (normalmente il giuidce attende 3-4 mesi prima di pronunciarsi).
Il ricorso ha smentito quanto sostenuto per anni dall’azienda.
L’infermiera si è rivolta quindi ad un sindacato che ha confermato quanto sostenuto dall’azienda e cioè che gli straordinari vanno recuperati nei giorni decisi dalla caposala, se così decide l’azienda.
Il ragionamento non ha però convinto l’A.A.D.I. perché l’art. 40 del C.C.N.I. Sanità del 20 settembre 2001 (come confermato dall’art. 31 del C.C.N.L. Comparto sanità 2016-2018) ha istituito la Banca delle ore che, computando tutto il lavoro supplementare autorizzato e svolto dai dipendenti, può essere recuperato con riposi compensativi entro 4 mesi dall’accredito su richiesta del lavoratore e non automaticamente su volontà dell’azienda; diversamente le ore accumulate dovevano essere retribuite secondo tre aliquote determinate dalle fasce orarie e dai giorni festivi lavorati e precisamente con una maggiorazione del 15% rispetto alla tariffa oraria di base, se il lavoro supplementare veniva svolto durante la fascia oraria 6-22 dei giorni feriali, del 30% se il lavoro supplementare veniva svolto durante la fascia oraria 22-6 dei giorni feriali o durante la fascia oraria 6-22 dei giorni festivi e del 50% se il lavoro supplementare veniva svolto durante la fascia oraria 22-6 dei giorni festivi.
La banca delle ore accredita, quindi, autorizzandole implicitamente, tutto quanto in essa riportato e perciò a nulla valgono le eccezioni proposte dall’azienda sulla legittimità della computazione o sulla determinazione del quantum.
Per questi motivi l’associata ha adito il Tribunale Civile di Bergamo, in funzione di Giudice del Lavoro perché decidesse, ai sensi degli artt. 633 e ss. C.P.C., di ingiungere all’Azienda socio sanitaria territoriale di Bergamo di pagare, senza dilazione, la complessiva somma lorda di Euro 8.309,26 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria maturati dal 2015, nonché le spese, i diritti e gli onorari della procedura monitoria.
Per essere accolto il credito vantato deve rispondere a tre requisiti e cioè deve essere liquido, certo ed esigibile.
Sulla liquidità non c’è dubbio perché il credito e monetizzato con valuta corrente e non si tratta di bene infungibile.
La certezza è stata superata dalle argomentazioni giuridiche, poste a sostegno del ricorso, relative alle norme contrattuali che, ai sensi dell’art. 1372 C.C., hanno forza di legge tra l’infermiera e l’azienda datoriale.
L’esigibilità è stata acclarata dall’accertamento del credito nella banca delle ore che rende pacifico il quantum dovuto dall’azienda.
Pertanto il ricorso è stato accolto e l’Associazione Avvocatura Degli Infermieri ha dimostrato che aveva ragione.
Di seguito la sentenza:
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