Il Tribunale amm.vo Regionale Sardegna si è pronunciato sul ricorso proposto dalla parte ricorrente contro il Ministero della Giustizia D.A.P. e la casa Circondariale di Iglesias difesi dall’avvocatura dello stato, per la declaratoria del diritto alla monetizzazione delle ferie non fruite negli anni 2013 e 2014.
Il ricorrente, guardia penitenziaria, aveva prestato servizio alle dipendenze del Ministero delle Giustizia, presso il Dipartimento dell’amm.ne penitenziaria, dal gennaio 1981 al dicembre 2014, data in cui si è collocato a riposo.
Il collocamento a riposo era stato deciso a seguito di un lungo periodo di malattia, dopo gli accertamenti sanitari di rito ad opera della commissione medica ospedaliera, era stato dichiarato permanentemente inidoneo al servizio presso la polizia penitenziaria.
Il ricorrente è stato dispensato dal servizio e quindi collocato a riposo, dopo che aveva anche rinunciato al transito dai ruoli di polizia a quelli civili o di altre amm.ni dello stato.
Così facendo gli è stata però preclusa la possibilità di usufruire delle ferie pari a complessivi 147 giorni, di talché, il ricorrente ha presentato apposita istanza volta ad ottenere la monetizzazione delle ferie residue non usufruite.
Il provveditorato ha però autorizzato solo il pagamento di 53 giorni ferie residue e non quindi delle restanti, facendo si che, il dipendente proponesse ricorso al TAR Sardegna per l’accertamento del diritto leso, con relativa condanna dell’amm.ne resistente.
Il Collegio dopo aver valutalo gli atti, ed aver evidenziato che come risulta dall’esposizione di fatti il ricorso verteva solo su un punto di doglianza, si esprime quindi sulla questione se sia dovuto o no la monetizzazione del periodo di ferie non goduto e se nel caso, se questo sia dovuto all’assenza continua del dipendente per malattia.
L’amm.ne intimata, resiste difendendo la correttezza del diniego opposto ed affermando di aver comunque liquidato il compenso sostitutivo spettante al dipendente, in ossequio alla corretta applicazione della disciplina di riferimento e segnatamente, dell’artt. 14 del D.P.R. 31 luglio 1995, n. 395, dell’art. 18 DPR. 16 marzo 1999, n. 254 e dell’art. 11 DPR 11 settembre 2007, n. 170.
Il ricorrente afferma che ciascuna delle disposizioni richiamate da parte dell’amm.ne, in assenza di una lettura costituzionalmente orientata, collide con il principio dell’indisponibilità del diritto alle ferie sancito dall’art. 36, ultimo comma Cost. Il precetto costituzionale infatti, secondo la parte ricorrente, deve essere inteso nel senso che, dove il lavoratore abbuia prestato ininterrottamente la propria opera nel periodo di riferimento delle ferie, il compenso sostitutivo delle stesse spetta in ogni caso, per nulla rilevando l’esistenza di disposizioni che limitino o escludano tale diritto.
Il Tar accoglie il ricorso, facendo alcune premesse di carattere generale.
Il diritto costituzionale che garantisce come diritto indisponibile, un periodo di ferie annuale retribuito, per altro connotato al pari del riposo settimanale, dal requisito dell’irrinunciabilità, promana il proprio fondamento giuridico nell’interesse privatistico comune ad entrambe le parti del rapporto, di conservare le energie psicofisiche del lavoratore al fine di una più razionale utilizzazione delle stesse, al contempo, nell’interesse pubblico alla tutela della persona e del lavoratore.
La dottrina in modo oramai unanime ha affermato che nel caso delle ferie annuali, risultano prevalenti gli interessi etico-sociali rispetto a quelli fisiologici per i quali sono preminenti ad esempio le pause che sono di minore durata ma più frequenti.
In materia di ferie, l’intervento della Corte Costituzionale è stato più volte ripetuto ed incisivo nel riservare una tutela particolarmente intensa al diritto al riposo feriale attraverso un filone giurisprudenziale che parte dal 1963 con la sentenza n. 66, per arrivare alla storica sentenza n. 158 del 2001 che ha affermato che la garanzia costituzionale del riposo annuale non consente deroghe e deve essere assicurata ad ogni lavoratore senza distinzioni di sorta.
La stessa carta dei diritti fondamentali dell’unione europea ha sancito al paragrafo 2 dell’art. 31, il diritto del lavoratore a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali ed a ferie annuali retribuite utilizzando una formula che riprende quasi totalmente la previsione costituzionale italiana e portoghese.
In merito al caso di specie, occorre rilevare il Consiglio di Stato si è espresso recentemente affermando che; “il diritto al compenso sostitutivo delle ferie non godute dal pubblico dipendente, anche in mancanza di una norma espressa che preveda la relativa indennità, discende direttamente dallo stesso mancato godimento delle ferie, in armonia con l’art. 36 Cost., quando sia certo che tale vicenda non sia stata determinata dalla volontà del lavoratore e non sia a lui comunque imputabile e dunque, anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per infermità; ciò in quanto il carattere indisponibile del diritto alle ferie non esclude l’obbligo della stessa amm.ne di corrispondere il predetto compenso per le prestazioni effettivamente rese, non essendo logico far discendere da una violazione imputabile all’amm.ne il venir meno del diritto all’equivalenza pecuniaria della prestazione effettuata; analoga conclusione deve trarsi ove le ferie non siano state fruite per cessazione dal servizio per infermità(Cons. di Stato sez. IV, 13 marzo 2018, n. 1580).
In definitiva, il mancato godimento delle ferie non imputabile al lavoratore, non preclude l’insorgenza del diritto alla percezione del compenso sostitutivo. Si tratta infatti, di un diritto che per sua natura prescinde dal sinallagma prestazione lavorativa-retribuzione che governa il rapporto di lavoro subordinato e non riceve, quindi, compressioni di sorta in presenza di altra causa.
Proprio dal carattere dell0’indisponibilità e dell’irrinunciabilità deriva il diritto alla compensazione sostitutiva, ogni qualvolta la fruibilità del congedo stesso sia oggettivamente esclusa per causa indipendente dalla volontà del lavoratore o per fatto addebitabile alla P.A. datrici di lavoro (Tar Calabria, Catanzaro, sez. I, 25 giugno 2015; Tar Sardegna 13 febbraio 2013, n. 116; Tar Calabria, Catanzaro sez. II 3 maggio 2011, n. 598; Cons. Di Stato, sez. IV, 24 febbraio 2009, n. 1084).
La giurisprudenza amm.va ha avuto modo di esprimersi anche sulla portata del divieto monetizzazione delle ferie di cui all’art. 5, comma 8, D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, comma 1 L. 7 agosto 2012 n. 135 c.d. Spending Review.
Esso va interpretato nel senso che la disciplina non pregiudica il diritto alle ferie ove prevede che non si possano corrispondere in nessun caso trattamenti economici sostitutivi, poiché correla questo divieto a fattispecie in cui la cessazione del rapporto di lavoro sia riconducibile a una scelta o ad un comportamento del lavoratore (dimissioni volontarie, risoluzione) o ad eventi come la mobilità, pensionamenti che comunque consentono di pianificare per tempo la fruizione delle ferie residue e di attuare il necessario contemperamento delle esigenze organizzative del datore di lavoro con le esigenze manifestate dal lavoratore.
La norma in parola va interpretata come diretta a reprimere il ricorso alla monetizzazione incontrollata delle ferie e a riaffermare la preminenza del godimento effettivo delle ferie per incentivare una razionale programmazione del periodo di ferie e favorire comportamenti virtuosi.
Per il pubblico impiego contrattualizzato, giurisprudenza del giudice del lavoro è costante nell’affermare c he in tema di monetizzazione delle ferie non fruite, sussiste il diritto del ricorrente al pagamento delle ferie e dei riposi non goduti quando lo stesso abbia provato di essere lavoratore in malattia. Infatti, l’art. 5, comma 8 , D.L. 95/2012 deve essere interpretato nel senso che il divieto di monetizzazione delle ferie residue non si applica nel caso in cui il dipendente non sia stato nella possibilità di fruire delle stesse a causa di malattia (ex multis, Tribunale di Torino sez. lavoro, 22 dicembre 2016, n. 1861).
In conclusione, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento dell’atto impugnato, nella parte in cui è stato negato il compenso sostitutivo delle ferie non godute per gli anni 2013 e 2014 e conseguentemente si condanna l’amm.ne resistente al pagamento del compenso sostitutivo.
Le spese del presente giudizio vanno a carico dell’amm.ne resistente.
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