Infermieristicamente, la rivista del sindacato Nursind, perora le esternazioni di Filippo Anelli, presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei medici, secondo il quale i dipendenti degli ospedali sono obbligati a vaccinarsi a seguito di numerose norme richiamate tutte dalla rivista sindacale.
La legge 81 sulla sicurezza, afferma la rivista, obbligherebbe il personale sanitario a vaccinarsi.
Premesso che la n. 81 non è una legge ma un decreto legislativo e che tale differenza, come si vedrà appresso è fondamentale per l’applicazione corretta delle norme, l’articolo 15 prevede, seco do la rivista, che l’obbligo datoriale si dipana su: Eliminazione dei rischi, e ove non sia possibile, la loro riduzione al minio in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso, Riduzione dei rischi alla fonte, Controllo sanitario dei lavoratori e Allontanamento del lavoratore dall’esposizione al rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona e l’adibizione, ove possibile, ad altra mansione.
L’art 20 stabilisce che il lavoratore, continua la rivista: Deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella di altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle proprie azioni e omissioni e deve osservare le disposizioni impartite dal datore di lavoro al fine della protezione collettiva ed individuale.
Inoltre, l’articolo 37 stabilisce che il Datore di Lavoro deve fornire ai lavoratori una formazione completa ed esaustiva in tema di Sicurezza sul Lavoro, riguardanti i rischi riferiti alle mansioni, ai possibili danni e agli strumenti di prevenzione.
La circolare n. 14915 del 29 aprile del 2020 del Ministero della Salute, pone l’accento sull’articolo 28 del Testo Unico, che stabilisce che la valutazione da parte del medico competente, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari. Nell’ambito del proprio ruolo il medico competente, qualora li ritenga utili per il contenimento del virus, può adottare mezzi diagnostici per stabilire l’idoneità del dipendente, nonché adottare tutte le misure di prevenzione: da qui si ritiene non possa essere esclusa la vaccinazione (aggiunta deduttiva ma personale della rivista non contemplata dalla circolare).
La rivista aggiunge: “Rifiutare le misure di prevenzione disposte dal datore di lavoro, in questo caso la vaccinazione, legittima il datore ad irrogare i procedimenti disciplinari e le sanzioni, previsti dal C.C.N.L. … A questi potrebbe essere data l’inidoneità alla mansione, e quindi spostati in un luogo non a rischio per se stessi e per gli altri, sanzionati o licenziati qualora non vi siano le condizioni per una posizione diversa”.
Stanno veramente così le cose?
NO! E non accettiamo questo terrorismo psicologico intimidatorio”!
La verità è che sopra le leggi e i decreti legislativi esiste una carta che non è quella igienica, come vogliono farci credere, ma costituzionale che sovrasta tutte le norme dedotte dalla rivista.
L’art. 32 della Costituzione, al comma 2 recita: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Bisogna commentarla?
Nessuno può essere obbligato a vaccinarsi se non per disposizione della legge e non di un decreto legislativo o di una circolare.
Anzi, le circolari, non solo non sono una fonte del diritto, ma “non vincolano neppure chi le ha scritte” – Cass. SS.UU., 2 novembre 2007 n. 23031; Cass. Lav., 7 novembre 2016 n. 22550 e T.A.R. Calabria, 2 settembre 2015 n. 873; Trib. Firenze Lav., 7 marzo 2011 n. 653.
Per legge si intende un atto vincolante e coercitivo discusso dal Parlamento e formato dai parlamentari con invio, a navetta, dalla Camera dei Deputati al Senato e viceversa finché l’atto non sarà definito perfetto e sottoscritto dal Presidente della Repubblica.
La legge viene creata da un centro dove si incontrano diverse opinioni e ideologie e si scontrano punti di vista diversi, al fine di produrre una norma che rappresenti, il più possibile, l’idea di giustizia ampiamente condivisa e non un’imposizione governativa, come è, appunto, il decreto legislativo.
Non si deve dimenticare che l’art. 32 disciplina un diritto costituzionale che attiene ai beni della vita e che nessun decreto legislativo può gestire contrariamente alla legge parlamentare.
Nel dibattito parlamentare si dovrà dimostrare l’efficacia indiscussa del vaccino e contemperare le esigenze di sicurezza pubblica con il diritto del singolo di decidere con autodeterminazione di non accettare la vaccinazione, al pari dei diritti al trattamento sanitario che riguardano i pazienti.
Questo concetto è stato definito come la “ragionevolezza scientifica” di un trattamento sanitario – Corte costituzionale n. 5/2018.
Imporre un farmaco ad un paziente che non lo vuole non è una cosa facile; attualmente la giurisprudenza si muove addirittura nel senso di rispettare il rifiuto di sottoporsi ad un trattamento salvavita se chi lo rifiuta è consapevole dei rischi ed in grado di intende e volere: “La scelta libera, ragionata e consapevole di non godere del bene-salute, è espressione dei diritti di libertà e rispetto della dignità umana per cui va rispettata anche se determina pericolo di vita o danno per la salute” (Corte Costituzionale, Sentenza n. 438/2008).
La parte finale del comma 2 surrichiamato, stabilisce: “La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Questa disposizione è stata valorizzata dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 21748/2007) nel noto caso di Eluana Englaro, al fine di consentirle, dopo molti anni, la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione forzata. Ciò è avvenuto proprio sulla base della dimostrata concezione di “dignità della persona” che era stata propria di Eluana durante la sua vita attiva. Il Collegio giudicante, presieduto da Gabriella Luccioli, accolse una concezione in parte relativista di dignità della persona, ricordando Protagora (padre della sofistica): “l’uomo è la misura di tutte le cose”.
Non si procede più come nel periodo fascista a dichiararsi malato di mente chi si opponeva al regime così da essere internato fino alla morte.
Ora, il problema che si discuterà in sede legislativa, se il Governo deciderà di imporre la vaccinazione, naturalmente all’esito del confronto parlamentare, riguarderà la reale e non ipotetica efficacia della vaccinazione, efficacia tale che dovrà superare la presunzione di libertà di scelta dell’individuo; per comprendere meglio: l’efficacia del vaccino sulla popolazione in termini di protezione antivirale, dovrà essere elevata, tanto sicura e incontestabile da anteporre la sicurezza della salute pubblica alla libertà costituzionale ed inviolabile dell’uomo.
Sul licenziamento si potrebbe dire molto, ma anche in questo caso il datore di lavoro dovrà dimostrare in modo oggettivo e non meramente ipotetico, non deducendo cataclismi e stragi, se l’omessa vaccinazione sia (e non possa) idonea a ledere la sicurezza degli altri e quali strumenti di prevenzione ha adottato per evitarlo e quali non è in grado di attuare. L’obbligo di repechage ricade sul datore e non sul lavoratore – Cass. Lav., 16 luglio 2019 n. 19025.
Ma se in un eventuale giudizio, in opposizione alla futura legge coercitiva alla vaccinazione, si dimostrerà che l’eventuale ricorrente adotta tutti i presidi atti ad evitare il contagio e che la sua giovane età e salute garantirà, verosimilmente, la sua guarigione in caso di infezione, i giudicanti dovranno valutare se questa condizione è in grado di ridurre sensibilmente l’indispensabilità alla vaccinazione, comparando il sacrificio alla libertà individuale garantita dall’art. 32 Cost..
Questo è il modo corretto di affrontare la questione perché non vogliamo rivivere l’epoca dei dogmi feudali spinti dall’euforia fanatica di quello che reputiamo giusto per imporlo agli altri.
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